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Le storie che non ti ho raccontato

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Le storie che non ti ho raccontato

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Diceva C. G. Jung: “Siamo alberi che camminano e non lo sanno”. È una bella idea quella che ha avuto Elena Accati, già docente di Floricultura all’Università di Torino: ripercorrere il rapporto con la figlia, tra dialoghi mancati, silenzi, piccole incomprensioni, con l’aiuto del campionario di analogie comportamentali che ci offrono fiori e piante. Se la famiglia è un piccolo ecosistema, dalle piante si possono imparare ingegnosità, altruismo, generosità, competitività in giuste dosi, silenzio, frugalità. Le parole non dette ieri diventano garbata curiosità scientifica e saggezza poetica, dizionario di sentimenti ritrovati.
Ernesto Ferrero - La Stampa – Tuttolibri.

 

Protagonista di questi racconti è una relazione madre-figlia. Comprimarie le piante, molto amate e studiate dall’autrice, che ha fatto di questa passione la sua professione. Sono in particolare quelle della Valle Cervo, nel Biellese, dove Elena Accati ha le proprie radici, che vengono qui utilizzate come vero e proprio dizionario dei sentimenti, grammatica etica e filo verde dei ricordi e dei racconti narrati per cercare di colmare vuoti, distanze e assenze. Sono storie che la madre non ha mai raccontato alla figlia e che germogliano ora da semi di rimpianto e di speranza.
Possono le piante insegnare a stare al mondo? Di sicuro possono descriverlo, divenirne metafora. Ci sono piante aggressive, e altre timide e discrete. Alcune si fanno largo a gomitate come l’eucalipto, altre sono competitive come l’aglio, o invadenti come l’ailanto. E altre ancora generose come il fagiolo, resilienti come le sassifraghe e le stelle alpine o altruiste come l’acacia spinosa.
Attraverso tanti esempi tratti dal mondo vegetale (ma anche pesci e uccelli possono trasmettere preziosi insegnamenti), l’autrice cerca di mettersi a nudo in modo sobrio, non retorico, raccontando un rapporto non sempre semplice da cui emerge il desiderio di fornire alla propria figlia gli strumenti per diventare se stessa, affermando la propria indipendenza, e di ritrovare il tempo perduto, instaurando un cammino piano e dolce, privo di asperità.

Rassegna stampa

Ulteriori informazioni

Autore/Curatore Elena Accati
Anno 2015
Pagine 144
Formato 12 x 17
Interno colori
Legatura 978-88-7320-365-0
ISBN No
Descrizione

Diceva C. G. Jung: “Siamo alberi che camminano e non lo sanno”. È una bella idea quella che ha avuto Elena Accati, già docente di Floricultura all’Università di Torino: ripercorrere il rapporto con la figlia, tra dialoghi mancati, silenzi, piccole incomprensioni, con l’aiuto del campionario di analogie comportamentali che ci offrono fiori e piante. Se la famiglia è un piccolo ecosistema, dalle piante si possono imparare ingegnosità, altruismo, generosità, competitività in giuste dosi, silenzio, frugalità. Le parole non dette ieri diventano garbata curiosità scientifica e saggezza poetica, dizionario di sentimenti ritrovati.
Ernesto Ferrero - La Stampa – Tuttolibri.

 

Protagonista di questi racconti è una relazione madre-figlia. Comprimarie le piante, molto amate e studiate dall’autrice, che ha fatto di questa passione la sua professione. Sono in particolare quelle della Valle Cervo, nel Biellese, dove Elena Accati ha le proprie radici, che vengono qui utilizzate come vero e proprio dizionario dei sentimenti, grammatica etica e filo verde dei ricordi e dei racconti narrati per cercare di colmare vuoti, distanze e assenze. Sono storie che la madre non ha mai raccontato alla figlia e che germogliano ora da semi di rimpianto e di speranza.
Possono le piante insegnare a stare al mondo? Di sicuro possono descriverlo, divenirne metafora. Ci sono piante aggressive, e altre timide e discrete. Alcune si fanno largo a gomitate come l’eucalipto, altre sono competitive come l’aglio, o invadenti come l’ailanto. E altre ancora generose come il fagiolo, resilienti come le sassifraghe e le stelle alpine o altruiste come l’acacia spinosa.
Attraverso tanti esempi tratti dal mondo vegetale (ma anche pesci e uccelli possono trasmettere preziosi insegnamenti), l’autrice cerca di mettersi a nudo in modo sobrio, non retorico, raccontando un rapporto non sempre semplice da cui emerge il desiderio di fornire alla propria figlia gli strumenti per diventare se stessa, affermando la propria indipendenza, e di ritrovare il tempo perduto, instaurando un cammino piano e dolce, privo di asperità.

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